Più verde dell´erba

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Più verde dell´erba
Il verde riposante di un prato è qualcosa che riempie l’animo di serenità; per gli indiani delle praterie costituiva a tal punto elemento di simbiosi con la natura, che avevano cinquanta nomi diversi per definirne la svariate sfumature. Che il “verde” sia erba, quindi terra, quindi grembo materno forse è associazione di idee tropo ardita, ma chi, steso su un prato a guardare il cielo, non si sente sicuro come a casa propria? Quando la poetessa greca Saffo volle descrivere, anche fisicamente, la sua straziante gelosia per una donna del “Tìaso (circolo femminile - N.d.R.), chiuse il crescendo del proprio tormento con una espressione ineguagliata nella storia della poesia mondiale: “…sono più verde dell’erba”. Saffo vede la donna che ama parlare gioiosamente con un uomo che le sembra “simile a un dio”. Subito non le viene più un filo di voce, le si spezza la lingua, le ronzano gli orecchi, le si annebbia la vista, si sente inondare di sudore e conclude con l’immortale: “…sono più verde dell’erba”. Una specie di abbandono liberatorio per dimenticare gli struggimenti della gelosia. C’è una fisicità in tutta la poesia, un trasporto sensuale verso le cose che fa venire i brividi ancor oggi; un insegnamento sublime di come il genio, e solo il genio, sappia unire concretezza e sentimento nelle rime di una poesia. Quell’”erba verde” di Saffo ci parla di natura più di tanti vuoti o, peggio, insulsi, slogan in sua difesa. Michelangelo Trombetta.